Corte UE, discriminazioni linguistiche: per l’AG bene decisione del tribunale UE di annullare 2 bandi EPSO


Lussemburgo, 26 agosto 2018. Nella sua sentenza nella causa C-566/10P, Commissione contro Italia, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha dichiarato che la decisione di limitare la scelta della seconda lingua ai fini della partecipazione a un concorso EPSO, organismo incaricato dell’organizzazione delle procedure di assunzione dei funzionari dell’Unione, comporta una discriminazione, a meno che una limitazione siffatta sia giustificata dall’interesse del servizio. Pertanto, le eventuali limitazioni alla scelta della seconda lingua devono stabilire criteri chiari, oggettivi e prevedibili al fine di permettere ai candidati di conoscere con sufficiente anticipo le competenze linguistiche richieste e di prepararsi ai concorsi nelle migliori condizioni.

Il 1° marzo 2014, l’EPSO ha pubblicato le Disposizioni generali applicabili ai concorsi generali («Disposizioni generali»).
Il 13 marzo dello stesso anno, l’EPSO ha pubblicato un bando di concorso generale per redigere un elenco di riserva di amministratori, e il successivo 6 novembre un bando di concorso generale per predisporre un elenco di riserva di amministratori nel settore della protezione dei dati. Entrambi stabilivano che le «Disposizioni generali» costituivano “parte integrante” dei bandi stessi.

Queste prevedono che, salva “indicazione contraria nel bando di concorso, la scelta della seconda lingua è in genere limitata al francese, all’inglese o al tedesco”. Tale limitazione è giustificata, tra l’altro, con la considerazione per cui ciò risponde “all’interesse del servizio, che richiede neoassunti immediatamente operativi e capaci di comunicare in modo efficace nel lavoro quotidiano”. Secondo le «Disposizioni generali», inoltre, in base a “una prassi consolidata nelle Istituzioni dell’Unione europea, il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue maggiormente utilizzate nella comunicazione interna e quelle che meglio rispondono alle esigenze dei servizi anche in termini di comunicazione esterna e di gestione dei fascicoli”.
Le “Disposizioni” indicano anche che “l’’obbligo di scegliere una seconda lingua tra francese, inglese o tedesco — diversa dalla prima lingua, che di norma è la lingua materna o equivalentegarantisce che i candidati siano valutati su un piano di parità” e “permette alle Istituzioni di valutare se i candidati sono in grado di essere immediatamente operativi in un ambiente assai simile a quello in cui dovranno lavorare”.
I bandi in questione limitavano all’inglese, al francese e al tedesco anche le lingue di comunicazione tra i singoli candidati, da un lato, e l’EPSO, dall’altro.

Nel 2014 e nel 2015, l’Italia ha presentato ricorsi davanti al Tribunale dell’Unione europea, chiedendo l’annullamento di entrambi i bandi per illegittimità delle suddette limitazioni linguistiche.
Con sentenza del 15 settembre 2016 nelle cause riunite T-353/14 e T-17/15, il Tribunale ha annullato i bandi in questione. La Commissione ha quindi appellato tale sentenza davanti alla Corte di giustizia.

Nelle sue conclusioni (causa C-621/16P, Commissione/Italia), l’avvocato generale Michal Bobek (Repubblica ceca) propone alla Corte di respingere l’appello della Commissione, sostenendo che il Tribunale bene abbia fatto a ritenere che l’EPSO non avesse adeguatamente giustificato la limitazione della seconda lingua all’inglese, al francese o al tedesco.

In primo luogo, l’Avvocato osserva che, contrariamente a quanto afferma la Commissione, i due bandi sono legalmente vincolanti. Emerge sia dal loro tenore letterale sia dal sistema generale del concorso che i bandi medesimi non sono meramente confermativi delle «Disposizioni generali». E’ il bando, dunque, a dover essere oggetto d’impugnazione, eventualmente assieme alle «Disposizioni generali». Di conseguenza, secondo l’AG, il singolo bando è un atto impugnabile in quanto tale, a prescindere dal fatto che i requisiti concernenti la seconda lingua ivi previsti si discostino dal sistema standard contemplato nelle «Disposizioni generali». Pertanto, il Tribunale bene ha fatto a sancire che «i bandi impugnati costituiscono atti che comportano effetti giuridici vincolanti quanto al regime linguistico dei concorsi in questione e costituiscono dunque atti impugnabili». Tale conclusione non è smentita dal fatto che le «Disposizioni generali» possano essere, a certe condizioni, autonomamente impugnate.

In secondo luogo, l’Avvocato generale respinge l’argomento della Commissione secondo cui il Tribunale avrebbe travalicato i limiti del suo potere di controllo giurisdizionale, disconoscendo, allo stesso modo, l’ampia discrezionalità di cui l’EPSO gode nel definire, per conto delle Istituzioni, i criteri di capacità (linguistiche) che i candidati devono soddisfare. Sottolinea che il controllo di primo grado dinanzi al Tribunale UE è un controllo giurisdizionale pieno, sulle norme e sui fatti di causa. Nel caso di specie, posto che l’EPSO aveva effettuato una serie di affermazioni in fatto per giustificare le limitazioni linguistiche nei bandi di concorso, il Tribunale non ha ecceduto i limiti del suo potere di controllo giurisdizionale valutando le asserzioni fattuali a fronte degli elementi di prova prodotti a loro sostegno.

L’Avvocato generale conclude che lo Statuto dei funzionari, comprensivo delle norme linguistiche (tra cui quella sul divieto di discriminazioni fondate sulla lingua), si applica al candidato dal momento in cui lui presenta e convalida la candidatura a un determinato concorso.

Con una postilla suggerisce alla Corte di fornire alcuni orientamenti circa la vera questione alla base della presente impugnazione: se sia possibile limitare le lingue interne di lavoro delle Istituzioni e, in tal caso, come. Dal suo punto di vista, tali orientamenti dovrebbero includere una distinzione tra la/e lingua/e (di lavoro) esterne e interne di un’Istituzione. Per le comunicazioni esterne, le attuali norme in materia di multilinguismo dovrebbero rimanere pienamente applicabili senza compromessi o deroghe. Di converso, nelle comunicazioni interne, la scelta delle lingue disponibili e, più in generale, il regime linguistico applicabile all’interno delle Istituzioni o fra di esse dovrebbero essere più flessibili.

Per quanto riguarda, in particolare, le regole linguistiche dei concorsi, l’Avvocato generale suggerisce un’impostazione mista, che preveda una serie di orientamenti generali da cui ci si può discostare, in singoli casi, ove la situazione concreta lo giustifichi. Tuttavia, a prescindere dalla scelta operata, il sistema deve essere progettato in modo tale che il fatto che una determinata lingua sia disponibile non conceda a coloro per i quali tale lingua costituisce la lingua madre (e quindi, nella grande maggioranza dei casi, ai cittadini di un dato Stato membro) alcun vantaggio diretto o indiretto nel processo di selezione.

Le conclusioni dell’Avvocato generale non vincolano la Corte di giustizia. Il suo compito consiste nel proporre, in piena indipendenza, una soluzione giuridica nella causa, che solo la Corte definirà con sentenza.

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