Negramaro

Negramaro a GQ: “Soffrendo siamo diventati grandi”


Un anno fa hanno sfiorato lo scioglimento, quando d’un tratto hanno smesso di scriversi sulla chat di gruppo e Giuliano se n’è andato a New York, provando una solitudine mai conosciuta prima. «Ho fatto tutto il viaggio d’andata in piedi, parlando con Fabio Volo e Roberto Saviano. Sono stati giorni duri». Dal 2007 al 2011 avevano anche convissuto, in un casale vicino Parma, ognuno dentro una stanza. Finché Andro, quasi di nascosto, un giorno ha comprato una casa a Milano. E poi pian piano son comparse le valigie degli altri, e il sogno della “comune” è svanito. «È stato un dolore incredibile, credevo non sarebbe finita mai», dice ancora Giuliano della fine di quella piccola utopia: «Mauro Pagani della PFM, quando veniva a trovarci, diceva che avevamo fatto quello che loro, negli Anni 70, non erano riusciti a fare. Ho sofferto. Ma poi sono diventato grande».

Così Giuliano Sangiorgi e gli altri Negramaro – Andrea “Andro” Mariano, Andrea “Pupillo” De Rocco, Ermanno Carlà, Danilo Tasco, Emanuele Spedicato – raccontano a GQ, che dedica loro la copertina del “Music Issue” del mese di maggio, il periodo difficile da cui sono felicemente usciti con la pubblicazione dell’ultimo album Amore che torni, che stanno per portare in tournée negli stadi a dieci anni dal primo concerto a San Siro: si parte da Lignano Sabbiadoro il 24 giugno e si chiude il 13 luglio a Lecce, casa loro.

A proposito di casa loro, quella di Sangiorgi a Torre Lapillo è stata teatro di tanti eventi, che Giuliano racconta a GQ: Brunori Sas che lo scorso ferragosto si è presentato con una trentina di amici calabresi per una partita di calcio seguita da spaghettata con carbonara di mare («Guanciale e tonno rosso») cucinata dall’ospite; duetti che forse un giorno vedranno la luce, come quello con Manuel Agnelli; Michele Placido ai fornelli; una visita di Paul Simonon dei Clash («Ci ha raccontato che il basso non l’ha mai saputo suonare, e che neppure gli interessava: la band l’aveva scelto solo perché era bellissimo»).

Di tensioni, nella loro storia, ce ne sono sempre state. A partire dalla sera in cui si trovarono a Milano a casa del cugino di Giuliano a festeggiare dopo che Caterina Caselli, sentendolo cantare le loro canzoni, gli aveva proposto «un contratto per cinque dischi, come era accaduto solo a Elisa». E nonostante la felicità quasi litigarono per la tensione: «Ti viene da pensare: ma sta davvero succedendo, o domani ci cacciano via a calci nel sedere?».

Sangiorgi spiega a GQ che si vede brutto ma pensa che vedersi brutti in fondo aiuti, e che è convinto di non cantare bene: «Io non so scrivere pezzi, io non so stare sul palco, io non so suonare. Semplicemente, davanti alla musica m’arrendo». Deve molto a mamma e papà che, quando a 14 anni guadagnò le prime trentamila lire cantando a una festa di compleanno, gliele fecero restituire perché erano soldi troppo facili: prima veniva lo studio, la musica doveva essere solo amore. E poi, quando anni dopo la band, ormai famosa, venne fermata per strada dalla Guardia di Finanza che trovò hashish a bordo, la madre di fronte ai titoloni dei giornali si presentò alla scuola dove insegnava offrendo pasticcini a tutti: «Cari colleghi, dobbiamo festeggiare: mio figlio è diventato Mick Jagger».

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