Corte-di-giustizia-dell’Unione-europea

Monaco avvocato può iscriversi all’albo nonostante incompatibilità tra il suo status e professione forense, dice la Corte di Giustizia UE


Lussemburgo, 8 maggio 2019. Il 12 giugno 2015, Monachos Eirinaios (il monaco Ireneo), un monaco del monastero di Petra, sito in Karditsa (Grecia) ha presentato, presso il Dikigorikos Syllogos Athinon (DSA, consiglio dell‘ordine degli avvocati di Atene, Grecia) una domanda di iscrizione nel registro speciale del Foro di Atene in qualità di avvocato, qualifica professionale acquisita in un altro Stato membro, Cipro. Il DSA ha respinto tale domanda in base alle disposizioni nazionali relative all‘incompatibilità tra l‘esercizio della professione di avvocato e lo status di monaco, ritenendo che tali disposizioni si applichino anche agli avvocati che desiderino esercitare la professione forense in Grecia utilizzando il loro titolo professionale di origine.

Il monaco Ireneo ha impugnato tale decisione dinanzi al Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato, Grecia).

È in questo contesto che il Symvoulio tis Epikrateias ha chiesto alla Corte di giustizia dell’UE se sia conforme al diritto dell‘Unione il divieto di iscrivere un monaco della Chiesa di Grecia quale avvocato nel registro dell‘autorità competente di uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica, per esercitare ivi la professione di avvocato usando il suo titolo professionale di origine.

Con la sua sentenza nella causa C-431/17 Monachos Eirinaios / Dikigorikos Syllogos Athinon, la Corte interpreta la direttiva 98/5/CE, che ha lo scopo di facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato, come libero professionista o come lavoratore subordinato, in uno Stato membro diverso da quello nel quale è stata acquisita la qualifica professionale.
La Corte ricorda che la direttiva istituisce una procedura di reciproco riconoscimento dei titoli professionali degli avvocati migranti che desiderino esercitare la professione utilizzando il titolo ottenuto nello Stato membro di origine, armonizzando compiutamente i requisiti preliminari richiesti per l’uso del diritto di stabilimento che essa attribuisce.
Secondo quanto già dichiarato, la presentazione, all’autorità competente dello Stato membro ospitante, di un attestato di iscrizione presso l’autorità competente dello Stato membro di origine risulta l’unica condizione alla quale deve essere subordinata l’iscrizione dell’interessato nello Stato membro ospitante, che gli consenta di esercitare la professione, in quest’ultimo Stato membro, utilizzando il suo titolo professionale di origine. Il legislatore nazionale non può aggiungerne altre.

Occorre infatti distinguere, da un lato, l’iscrizione presso l’autorità competente dello Stato membro ospitante, la quale è soggetta all’unica condizione della presentazione di un attestato di iscrizione presso l’autorità competente dello Stato membro d’origine, e, dall’altro, l’esercizio stesso della professione di avvocato nello Stato membro ospitante, all’atto del quale detto avvocato è soggetto alle norme professionali e deontologiche applicabili nel medesimo Stato membro.

La Corte giudica che le norme professionali e deontologiche, contrariamente a quelle vertenti sui requisiti preliminari richiesti per l’iscrizione, non sono state oggetto di armonizzazione e, pertanto, possono divergere considerevolmente tra lo Stato membro di origine e lo Stato membro ospitante. A questo proposito, ricorda che è concesso al legislatore nazionale prevedere garanzie siffatte purché le norme stabilite a tal fine non eccedano quanto necessario al conseguimento degli obiettivi perseguiti.

Tuttavia la Corte sottolinea che le norme professionali e deontologiche applicabili nello Stato membro ospitante, per essere conformi al diritto dell’Unione, devono rispettare, segnatamente, il principio di proporzionalità, il che implica che esse non eccedano quanto necessario al raggiungimento degli obiettivi perseguiti. Spetta al Symvoulio tis Epikrateias procedere alle verifiche necessarie per quanto concerne la regola di incompatibilità in questione.

La Corte conclude che la direttiva osta a una legislazione nazionale che vieta a un monaco in possesso della qualifica di avvocato, iscritto quale avvocato presso l’autorità competente dello Stato membro di origine, di iscriversi presso l’autorità competente dello Stato membro ospitante al fine di esercitare ivi la sua professione utilizzando il suo titolo professionale di origine.

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