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Delocalizzazione della CO2: eccome fermare le aziende che non rispettano le regole


Il Parlamento è al lavoro su una tassa sulle importazioni per fermare la delocalizzazione della CO2, ossia quando le imprese delocalizzano per evitare le norme ambientali sulle emissioni.

Gas inquinanti che fuoriescono dalle industrie, ecco le misure su cui il Parlmaneto europeo sta lavorando per scoraggiare la delocalizzazione della CO2 (carbon leakage) ©AFP/INTERPRESS

Mentre l’industria europea affanna per riprendersi dalla crisi provocata dalla pandemia di COVID-19 e dalla pressione economica legata alle importazioni a basso costo operate dai partner commerciali, l’UE sta cercando di rispettare gli impegni prefissati sul clima senza però causare perdite di posti di lavoro o innescare delocalizzazioni.

Scopri come il piano di recupero dell’UE ha dato al clima un ruolo centrale

L’obiettivo del Parlamento europeo è quello di lottare contro il cambiamento climatico senza che ciò metta in pericolo le nostre imprese a causa di una concorrenza internazionale sleale dovuta alla mancanza di azioni sul clima in alcuni paesi. Dobbiamo proteggere l’UE contro la concorrenza sleale climatica e allo stesso tempo garantire che le nostre imprese compiano tutti gli sforzi necessari per fare la loro parte nella lotta al cambiamento climatico.
Il relatore Yannick Jadot

Una tassa sul carbonio alle frontiere dell’UE per contrastare la pratica della delocalizzazione della CO2 (carbon leakage)
Gli sforzi messi in atto dall’UE per ridurre l’impronta di carbonio a livello europeo, così come previsto nel quadro del Green Deal europeo, e per diventare sostenibile e climaticamente neutrale entro il 2050 potrebbero essere vanificati da paesi meno attenti alle questioni climatiche. Per venire incontro a questo fenomeno, l’UE ha in programma la proposta di un Meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera (CBAM – dall’inglese Carbon Border Adjustment Mechanism), ossia una tassa sul carbonio che verrà applicata alle importazioni di alcuni beni provenienti da fuori dei confini dell’Unione Europea. Le prime proposte degli eurodeputati sono attese nel corso della prima plenaria di marzo.

Tassa sul carbonio alle frontiere
Come funzionerebbe una tassa sul carbonio alle frontiere?
Ai prodotti provenienti da paesi con leggi sulle emissioni di CO2 meno severe di quelle dell’UE viene applicata la tassa sul carbonio alle frontiere in modo da garantire che le importazioni non siano economicamente più vantaggiose rispetto all’equivalente prodotto nell’UE.

Considerando il rischio che i settori più inquinanti possano delocalizzare la produzione in paesi con vincoli meno rigidi sulle emissioni di gas serra, l’aggiustamento del prezzo in base alle emissioni di CO2 è visto come un complemento essenziale all’attuale sistema di quote di carbonio dell’UE, noto come il Sistema per lo scambio delle quote di emissioni dell’UE (ETS).

Delocalizzazione delle emissioni di CO2 (carbon leakage)
Cos’è la delocalizzazione della CO2?
La delocalizzazione della CO2 è la pratica adottata dalle industrie con elevati livelli di emissioni di gas serra di trasferire la produzione al di fuori dell’UE al fine di evitare la più severa normativa europea sul clima. Poiché questa pratica non fa altro che spostare il problema altrove, gli eurodeputati vogliono arginare il fenomeno attraverso un Meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera (CBAM).

Misure di aggiustamento del prezzo in base alle emissioni di carbonio già attive nell’UE
Secondo quanto stabilito dall’attuale Sistema per lo scambio delle quote di emissioni dell’UE (ETS), che fornisce incentivi finanziari per ridurre le emissioni, le centrali elettriche e le industrie devono acquistare un permesso per ogni tonnellata di CO2 che producono; il prezzo di tali permessi è guidato dalla logica di mercato della domanda e dell’offerta. A causa dell’ultima crisi economica, la domanda di permessi è calata e, di conseguenza, il loro prezzo; infatti, il costo dei permessi ha raggiunto una soglia così bassa da scoraggiare le aziende dall’investire in tecnologie verdi.

Per risolvere questo problema, scopri come l’UE riformerà l’ETS

Le richieste del Parlamento europeo
Il nuovo meccanismo dovrebbe allinearsi con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e incoraggiare la decarbonizzazione delle industrie europee e non, diventando così pietra miliare della futura Politica industriale dell’UE.

Entro il 2023, il Meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera dovrebbe interessare i settori dell’energia e quelli industriali ad alta intensità energetica, che insieme contribuiscono al 94% delle emissioni industriali dell’UE e che, secondo gli eurodeputati, ricevono ancora ingenti assegnazioni gratuite.

I membri del Parlamento europeo sottolineano che il Meccanismo dovrebbe essere progettato con l’unico scopo di perseguire gli obiettivi climatici e la parità di condizioni a livello globale, anziché essere impiegato come uno strumento utile a rafforzare il protezionismo.

Gli eurodeputati hanno dato il loro appoggio alla proposta della Commissione di utilizzare i proventi generati dal Meccanismo come nuova fonte di entrata per il bilancio dell’UE, sottolineando al contempo la necessità che la Commissione garantisca la piena trasparenza sull’allocazione di tali entrate.

La Commissione dovrebbe presentare la sua proposta sul nuovo Meccanismo nel secondo trimestre del 2021.

Per saperne di più sulle soluzioni dell’UE per contrastare il cambiamento climatico


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