Dopo quello che, di così atroce, è successo di recente a un passo da casa nostra, c’è un mosaico
da ricomporre.
Primo tassello: un bracciante indiano che coltivava le terre del nostro Agro Pontino, l’orto di
Europa dicono, è rimasto travolto dal concatenarsi di odiose e ormai radicate negligenze.
Secondo tassello: questo gli è costato la vita, ma la portata della disumanità che lo ha condotto
alla morte è stata di talmente brutale e scellerata e inconcepibile che, per una volta e in modo
trasversale, l’intera nazione è stata unita dall’indignazione.
Penultimo tassello: Sabaudia è un paese a vocazione prettamente agricola e vi risiede la comunità Sikh tra le più grandi di Europa, assolutamente intrecciata in modo armonioso con il resto della popolazione. Ora, mentre tutta Italia era riversata per le strade a esternare il proprio sdegno, quale avrebbe dovuto essere l’ultimo tassello del mosaico? Per quanto ci riguarda, il Sindaco di Sabaudia, cuore agricolo dell’Agro Pontino, nel momento della commemorazione di un lavoratore deceduto in un incidente assurdo, che solo per un caso non è avvenuto dentro casa nostra, politicamente, amministrativamente e, soprattutto, umanamente, avrebbe dovuto trovarsi, in modo categorico, in prima fila. Questo è il tassello mancante che fa crollare il mosaico di umanità che avrebbe dovuto ergersi a compimento di questa tragedia.
Invece dov’era il Sindaco di Sabaudia? A prendere a calci in modo nerboruto il varco Moravia?
Qualcuno gli dica che l’hanno richiuso appena si è girato. A piantare chiodi nelle passerelle del
Lungomare? Avvisatelo che non serve più, perché il mare tra un po’ si porta via anche la strada, oltre che i chioschi. Senza che, peraltro, questa Amministrazione abbia mosso un dito per evitarlo.
Ovunque fosse, non era dove doveva essere. Tirare fuori dal cassetto, in modo molto affettato e
opportunistico, una proposta di consulta impolverata e ingrigita è quantomeno derisorio verso tutta la comunità, non solo quella Sikh. Vuol dire timbrare un cartellino di facciata e appuntarsi pigramente la coscienza, sperando di salvare un ultimo angolino di faccia. Per quanto ancora l’Amministrazione vuole continuare a fingere che quello del caporalato non sia anche un problema nostro? Cos’è il Depalgos ce lo ricordiamo ancora tutti, o lo abbiamo già dimenticato? Per quanto ancora vogliamo continuare a gridare costernati “Mai più!” ogni volta che un nostro concittadino muore coltivando le nostre eccellenze? Per fortuna circa un anno fa il Sindaco ha avocato a sé la delega all’Agricoltura, magari tra altri 12 mesi ci svelerà finalmente anche se intende farne qualcosa.
Il tessuto sociale di Sabaudia è, a dir poco, in pezzi. Non si ricorda un altro momento con così
tanta acredine aleggiante tra i tavolini e le strade della città e noi crediamo che la politica si costruisca dal basso, non che vada calata dall’alto: se le persone non riescono nemmeno più a parlare tra loro, figuriamoci a collaborare, come può pensare la politica di costruire qualcosa di duraturo, che non si esaurisca nell’arco di una cerimonia o del taglio di un nastro? Questa è stata, probabilmente, la distanza più incolmabile che ci ha portato alla separazione definitiva dalla maggioranza e, in definitiva, questa è per noi la reale misura del totale e completo fallimento di questa Amministrazione a firma Mosca: l’incontestabile dilaniamento del tessuto sociale di Sabaudia.
La manifestazione in onore di Satnam Singh era l’atto finale di una sciagurata tragedia, ma nelle
disgrazie spesso si annida anche l’opportunità di una nuova coesione. Le tragedie uniscono! Ebbene, il Sindaco Mosca ancora una volta ha mancato l’occasione di un atto di empatia. Nell’astio che impregna la nostra città, tra i mille litigi e le tante discordie, la sua presenza avrebbe potuto essere un segnale di coesione, l’emblema di un’Amministrazione e, soprattutto, di una persona che ha ancora a cuore i suoi cittadini. Tutti quanti, che indossino la divisa oppure no. Sarebbe stato solo un simbolo, certo, nulla può far tornare indietro il tempo, ma le persone a volte hanno bisogno dei simboli sotto cui sentirsi uniti, soprattutto nei momenti di incertezza.
Questo il leader (giusto?) di una comunità avrebbe dovuto comprenderlo. Invece ci rimarrà solo
una fastidiosa domanda: “Dov’era il Sindaco?”.
Il Direttivo Locale di Azione con Calenda Sabaudia