La sindrome del colon irritabile – crampi e dolori addominali diffusi, nausea persistente, costipazione, dissenteria o alternanza di stipsi e diarrea – ha gravi ricadute psicologiche sui pazienti che ne sono colpiti: in Italia, infatti, il 35,9% soffre di ansia a livelli patologici e il 14,5% di depressione.
I dati emergono da uno studio che l’associazione gastroenterologi AIGO ha realizzato in collaborazione con la Società Argentina di Gastroenterologia (SAGE) e che gli specialisti, Massimo Bellini e Marco Soncini, presenteranno a Buenos Aires nel corso del convegno internazionale di autunno “VIII Curso Internacional de Otoño AGA-SAGE”. Il confronto della situazione nei due paesi evidenzia come depressione e ansia siano meno frequenti in Argentina, dove, però, il dolore provocato dalla patologia è meno tollerato.
In Italia lo studio ha coinvolto circa 700 pazienti, reclutati in ventinove centri tra il 2014 e il 2015. Le donne sono colpite tre volte di più rispetto agli uomini (73% donne contro il 27% degli uomini) e l’età media è di circa 43 anni. La sindrome del colon irritabile ha pesanti ricadute sulla qualità della vita: i pazienti giudicano che il dolore provato è elevato e ha pesanti interferenze sulle attività quotidiane. Sul fronte della diagnosi e della terapia, emerge come si faccia ancora ampio ricorso a esami invasivi come la colonscopia (più del 40% dei pazienti), nonostante le linee guida internazionali non lo ritengano necessario in un così ampio numero di casi.
La sindrome del colon irritabile non è una patologia ma un sintomo, cronico o ricorrente. Si annovera fra quelli definiti nel loro complesso disordini furnzionali del tubo digerente perché sono caratterizzati da alteazioni della funzione dell’apparato digerente accompagnate da dolore, gonfiore addominale, alterazione della defecazione. Sono estremamente diffusi, tanto da riguardare tra il 10 e il 20% della popolazione dei paesi occidentali.
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