Lussemburgo, 7 agosto 2016. La direttiva servizi (2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno – GU L 376, pag. 36). concretizza la libertà di stabilimento nonché i principi di non discriminazione e di tutela della concorrenza. Il suo articolo 12 disciplina l’ipotesi specifica in cui, tenuto conto della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato. In tale contesto, essa prevede che gli Stati membri possano subordinare un’attività di sfruttamento economico a un regime di autorizzazione.
In Italia, la normativa nazionale ha disposto una proroga automatica e generalizzata della data di scadenza delle concessioni rilasciate, anche senza previa procedura di selezione, per lo sfruttamento turistico di beni demaniali marittimi e lacustri (spiagge in particolare). La scadenza è stata da ultimo rinviata al 31 dicembre 2020.
Nonostante tale legge, ad alcuni operatori privati del settore turistico è stata negata da parte delle autorità italiane la proroga delle concessioni. Essi hanno quindi presentato ricorso contro tali provvedimenti di diniego. I giudici italiani aditi si sono rivolti alla Corte di giustizia di Lussemburgo per ricevere chiarimenti in merito alla compatibilità della normativa italiana con il diritto dell’Unione.
Con la sentenza nelle cause riunite C-458/14, Promoimpresa S.r.l./Consorzio dei comuni della Sponda Bresciana del Lago di Garda e del Lago di Idro e a. e C-67/15 Mario Melis e a./Comune di Loiri Porto San Paolo e a., la Corte sottolinea, anzitutto, che spetta al giudice nazionale verificare, ai fini dell’applicazione della direttiva, se le concessioni italiane debbano essere oggetto di un numero limitato di autorizzazioni per via della scarsità delle risorse naturali.
Nel caso in cui la direttiva sia applicabile, la Corte precisa, poi, che il rilascio di autorizzazioni relative allo sfruttamento economico del demanio marittimo e lacustre deve essere soggetto a una procedura di selezione tra i potenziali candidati, che deve presentare tutte le garanzie di imparzialità e di trasparenza (in particolare un’adeguata pubblicità). La proroga automatica delle autorizzazioni non consente, dunque, di organizzare una siffatta procedura di selezione.
Certamente l’articolo 12 della direttiva dà la possibilità agli Stati membri di tener conto, nello stabilire la procedura di selezione, di motivi imperativi di interesse generale, quali, in particolare, la necessità di tutelare il legittimo affidamento dei titolari delle autorizzazioni di modo che essi possano ammortizzare gli investimenti effettuati. Tuttavia, considerazioni di tal genere non possono giustificare una proroga automatica, qualora al momento del rilascio iniziale delle autorizzazioni non sia stata organizzata alcuna procedura di selezione. L’articolo 12 della direttiva osta, pertanto, a una misura nazionale che, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati, prevede la proroga automatica delle autorizzazioni di sfruttamento del demanio marittimo e lacustre per attività turistico-ricreative.
La Corte precisa, infine, che, nel caso in cui la direttiva non fosse applicabile e qualora una concessione siffatta presenti un interesse transfrontaliero certo, la proroga automatica della sua assegnazione a un’impresa con sede in uno Stato membro costituisce una disparità di trattamento a danno delle imprese con sede negli altri Stati membri e potenzialmente interessate a tali concessioni, disparità di trattamento che è, in linea di principio, contraria alla libertà di stabilimento.
Il principio della certezza del diritto, che mira a consentire ai concessionari di ammortizzare i loro investimenti, non può essere invocato per giustificare una siffatta disparità di trattamento, dal momento che le concessioni sono state attribuite quando già era stato stabilito che tale tipo di contratto (che presenta un interesse transfrontaliero certo) doveva essere soggetto a un obbligo di trasparenza.
Va ricordato che il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.
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